I RISULTATI SONO STATI PRESENTATI AL 241ESIMO MEETING DELLA AAS

Così un buco nero divora chi passa troppo vicino

Immortalato nell’ultravioletto dal telescopio spaziale Hubble l’inevitabile destino di una stella a 300 milioni di anni luce dalla Terra. Passava troppo vicino a un buco nero, e la gravità che l’ha catturata l’ha trasformata in una ciambella di gas caldo che sta cadendo nell’orizzonte degli eventi del corpo celeste più misterioso e denso conosciuto

     17/01/2023

Rappresentazione artistica delle fasi che attraversa una stella quando viene catturata e divorata da un buco nero. Crediti: Nasa, Esa, Leah Hustak (StScI)

Cacciatori singolari i buchi neri. Se ne stanno lì, come dei ragni, al centro della propria ragnatela spaziotemporale pronta a trattenere qualunque corpo celeste osi avvicinarsi troppo. Una volta catturata la preda, questa è attratta verso il centro senza possibilità di fuga alcuna, e comincia a spiraleggiare attorno all’orizzonte degli eventi mentre viene stiracchiata dalla gravità fortissima che caratterizza questo impietoso predatore.

È una storia che si ripete sempre simile a sé stessa, e succede più o meno così: una stella passa vicino a un buco nero supermassiccio al centro di una galassia; i primi ad accorgersi della presenza dell’irresistibile attrattore sono i gas esterni della stella, che vengono trascinati nel campo gravitazionale del buco nero. Un po’ alla volta è la stella stessa che si frantuma a causa delle forze di marea, mentre quel che resta viene trascinato in un anello a forma di ciambella intorno al buco nero, per poi finirci finalmente dentro, liberando un’enorme quantità di luce e radiazioni ad alta energia.

A raccontarla oggi, con rari occhi ultravioletti, è il telescopio spaziale Hubble, che ha raccolto lo spettro di luce emessa da una stella mentre cade dentro il buco nero centrale di una galassia a circa 300 milioni di anni luce da noi. Il luogo del delitto, schedato dagli investigatori cosmici come At2022dsb, è il centro di Eso 583-G004, mentre il primo rilevamento risale al 1° marzo 2022 ed è stato fatto dall’All-Sky Automated Survey for Supernovae (Asas-Sn o “Assassin”), una rete di telescopi terrestri che scruta il cielo extragalattico circa una volta alla settimana alla ricerca di eventi violenti, variabili e transitori che stanno plasmando l’universo. Questa energica collisione era abbastanza vicina alla Terra e abbastanza luminosa da permettere al telescopio spaziale Hubble di guardarlo un po’ meglio e di raccogliere la spettroscopia ultravioletta per un periodo di tempo abbastanza lungo.

«In genere, questi eventi sono difficili da osservare. Si ottengono forse poche osservazioni all’inizio della perturbazione, quando è molto luminosa. Il nostro programma è diverso, in quanto è stato progettato per osservare alcuni eventi mareali nell’arco di un anno per vedere cosa succede», dice Peter Maksym, ricercatore del Center for Astrophysics Harvard & Smithsonian a Cambridge, in Massachusetts, che ha presentato lo studio. «Abbiamo visto questo fenomeno abbastanza presto da poterlo osservare in queste fasi di accrescimento molto intense del buco nero. Abbiamo visto che il tasso di accrescimento è diminuito e si è trasformato in un rivolo nel corso del tempo».

I dati spettroscopici raccolti da Hubble nell’ultravioletto contengono l’indicazione della presenza di elementi chimici come ossigeno e carbonio e, secondo i ricercatori, provengono da gas molto luminoso e caldo che ha preso la forma di una ciambella (un toro, in linguaggio matematico). Quel gas, un tempo, era la stella. Ora ha le dimensioni del Sistema solare e vortica intorno al buco nero centrale. Attraverso gli occhi di Hubble, quel che si vede proviene dal bordo della ciambella, e si tratta di un vento stellare proveniente dal buco nero e proiettato verso di noi a una velocità di oltre 32 milioni di chilometri all’ora, circa il tre per cento della velocità della luce.

«Stiamo ancora cercando di capire l’evento», commenta Maksym. «La stella viene fatta a pezzi e il materiale si fa strada nel buco nero. Ci sono modelli che descrivono quello che si ritiene accada, e poi c’è quello che si vede effettivamente. Questo è un posto eccitante per gli scienziati: proprio all’interfaccia tra il noto e l’ignoto».

I risultati dello studio sono stati presentati la scorsa settimana durante il 241esimo meeting dell’American Astronomical Society a Seattle, Washington.